Il Gagliardetto nuovo - Sezione Alpini Treviso

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Il Gagliardetto nuovo

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I racconti di Valentino Morello
Il Gagliardetto nuovo



Pradidàli e Pradiverdi erano due paesini di montagna, l’uno arroccato su un pendio irto di boschi, l’altro, neanche duecento metri più sotto, disteso in una piccola valle. Sembravano due gemelli, uno più in alto, l’altro giù in basso. Stesse case, stessa chiesa, persino la gente sembrava la stessa: ma non era così.
Da quando erano nati, le baruffe fra i due paesi non si contavano. Alla lunga uno dei due – Pradiverdi, quello nella valle – pareva l’avesse spuntata; era Comune, e l’altro no; aveva conservato il prete, e l’altro no (di preti ne mandavano sempre meno, da quelle parti); ci arrivava la corriera, che non saliva invece a Pradidàli; aveva un squadra di calcio e Pradidàli no, perché, ogni volta che provavano a tirare un pallone, finiva giù a Pradiverdi. Pradiverdi, infine, aveva il gagliardetto del gruppo Alpini. Di alpini ce n’erano tanti anche a Pradidàli ma non avevano il gagliardetto, e così erano tutti iscritti al gruppo del paese di sotto; e le feste si tenevano sempre a Pradiverdi, le cene sempre a Pradiverdi, il chiosco sempre a Pradiverdi.
Mal sopportavano, gli Alpini di sopra, di dover far sempre quello che dicevano gli Alpini di sotto; ma per un’abitudine ormai inveterata, si erano rassegnati a lasciar le cose come stavano. Finché arrivò Benito.
Figlio primogenito di Dal Bon Demetrio – che era stato a Tripoli – e della robusta Mosena Cristina, Dal Bon Benito era uno di quelli che non si lasciava pestare i piedi da cicchessia.
Autonominatosi “capo” degli Alpini di Pradidàli, insofferente degli abusi di quelli di sotto, decise di passare all’offensiva.
Al primo “chiosco” della stagione, gli Alpini di Pradidàli donarono agli Alpini di Pradiverdi una damigiana di vino in cui era stato mescolato un bottiglione di purgante. Il giorno dopo fu drammatico per le latrine di Pradiverdi, zeppe di Alpini col cagotto; su, in alto, un coro di risate condotto da Benito Dal Bon.
La risposta di Pradiverdi non tardò.
Circa un mese dopo, Benito Dal Bon aveva organizzato una gita in corriera solo per quelli di Pradidàli.
Il raduno era giù nella valle, fuori da quell’altro paese, alle sei del mattino. Era tutto a posto in corriera (un avvenimento!) quando montò su anche il prete.
"Cossa voleu, don Carlo?" chiese Benito.
"Come?! – disse il prete – ma se avete spedito voi l’invito! Ho anche portato le suore dell’asilo! Anzi vi ringrazio cari figliuoli! Partiamo, su, e… mi raccomando!... Niente bestemmie, niente parolacce e bevete poco! Autista, al primo paese fermate alla chiesa, facciamo la Messa, il parroco è mio amico… e ora fratelli preghiamo…"
Benito Dal bon lanciò un’occhiata alla dinamite verso Pradiverdi. Fioi de cani! Un invito al prete! Era chiaramente un feroce atto di sabotaggio di chéi de sott!
Dopo lo sconvolgente pellegrinaggio alle diocesi della zona con don Carlo e le suore dell’Asilo, Benito Dal Bon diventò un vulcano di iniziative, e tanto fece e tanto brigò che riuscì ad ottenere che anche Pradidàli costituisse il suo gruppo Alpini.
Il giorno della grande festa c’era la banda, il chiosco, la fisarmonica per il ballo con le donne, striscioni di stoffa tricolori e persino un palco imbandierato.
Benito Dal Bon non mollava un attimo il Capo-Sezione Provinciale, che faceva da padrino al nuovo gruppo e che parlò, sul palco, per primo, augurando agli Alpini di Pradidàli le cose più belle.
Poi toccò a lui, a Benito. Era emozionatissimo, quando salì sul palco (quanto aveva sognato un momento così!) ma ritrovò se stesso appena riuscì a sporgere il mento e a porsi le mani, serrate a pugno, ben salde sui fianchi.
"Alpini! Ittaliani! – tuonò, e la piazzetta fu piena della sua voce, tutti guardavano lui – nell’ora che ci sovrasta – (era quasi mezzogiorno) ricordattevi di tutte quelle sporcherie che ci hanno fatto quei tangheri di sott!".


Il Gagliardetto di Pradipàli

Gli pareva di non aver mai parlato così bene in italiano: peraltro, incoraggiato da uno scrosciante applauso, continuò disinvolto:
"Amicci! Qui a Pradidàli si fonda oggi un nuovo gruppo Alpino! Guai a chi lo tocca! Sopratuto quei fiòi de cani de sott, che se vengono qui ci diamo un balansìn sul muso."
Poi gli venne da dire una cosa geniale:
"Tocare gli Alpini di Pradidàli è come tocare le sue fémene!"
Ci fu un uragano di applausi e di urla indignate, e molte mani si levarono furibonde e minacciose.
"Bravo! Viva Benito! Bene!"
"Cari Amicci! Bevette qualche ombrèta, mangiatte qualche luganega, e state contenti e impavvidi! È arrivata l’ora di la riscossa! Viva gli Alpini! viva Pradidàli!"
Lunghissimi applausi lo salutarono ed egli, con il nuovo gagliardetto, scese tra la piccola folla festante; e dalle damigiane venne giù un fiume di vino e sulla graticola arrostirono montagne di braciole e luganeghe.
Verso mezzanotte, furono sparati verso il cielo ben otto fuochi d’artificio, che erano costati un patrimonio; e fu proprio l’ultimo guizzo di luce dell’ottavo razzo che rivelò, all’imbocco della piazzetta, una schiera di Alpini: gli Alpini di Pradiverdi.
Ci fu un lunghissimo minuto di stupore, gli occhi ancora abbagliati dai fuochi non distinguevano bene le facce di chéi de sott. Poi, Benito Dal Bon, brandendo il gagliardetto, si pose di fronte ai nemici: lui e la sua schiera sarebbero stati bellissimi, lì, in mezzo alla piazza, nel fumo delle braciole, con le loro grinte feroci; ma ondeggiavano scompostamente e forse vedevano due eserciti nemici al posto di uno, con gli occhietti che il molto vino bevuto aveva reso piccoli piccoli.
Ma lo scontro che pareva inevitabile non avvenne.
Don Carlo, con un cappello alpino di traverso sulla testa, rosso in faccia, sorretto da due volenterosi più malfermi di lui sulle gambe, si  piazzò fra i due gruppi e, lui che non aveva cantato altro che inni al Signore, intonò:
"Sul caappeellooo che noi portiaaa-aaamooo…"
"Cantatte!" urlò Benito.
E fu tutto un coro, la piccola piazza pareva esplodere, e poi fu tutto un abbraccio, don Carlo quasi soffocò, preso in mezzo ai due gruppi.
La festa si protrasse ancora per molte ore e all’alba, quando tornò il silenzio e tutti se n’erano andati, non restò altro alla moglie di Benito che andare a recuperare lo sposo che, salito sul palco per l’ennesimo discorso, rivolgeva appassionate parole, stavolta di pace, a tutti gli "ittaliani."

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