El vin bon
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I racconti di Valentino Morello
El vin bon
Milio Quaiòt – detto Pinòt – era un uomo di gusto. Perché amava poche cose, ma buone; e una di queste (forse quella che lo rendeva, in un certo senso, interessante agli occhi della gente) era il suo vino, il Pinòt, che, appunto, gli fu causa del soprannome e di molte altre disgrazie.
Finché il buon Pinòt conobbe soltanto la quieta ombra della cantina e le piccole soddisfazioni degli ozi privati del Milio, non successe niente. I guai ebbero inizio il giorno che Milio decise di far riparare il tetto della sua casa, vecchio, pieno di tegole rotte, rabberciato come più non si sarebbe potuto, e che faceva acqua da tutte le parti.
Dopo ogni “piova”, molti compaesani gli domandavano:
"Milio, gà-tu messo anca el bocal da piss, soto a le gioze, stanote?" e sganasciavano come matti.
Mlio “el bocal” ce lo aveva messo davvero “soto a le gioze” , molte e molte volte, quando aveva esaurito tutti i recipienti di cui disponeva, tutte le pentole, i mastelli, i catini, le scatole di conserva.
Così quando vennero i muratori a sistemargli il tetto, Milio Pinòt non risparmiò neppure sul vino, e quelli ne bevettero tanto e tanto che pareva non dovessero finire più i lavori. Milio era preoccupato per come andavano le cose, ma sopportava con pazienza per amore della sua casa.
Finì il Pinòt; e il giorno dopo, come d’incanto, finirono i lavori.
Fu un inverno triste per Milio Quaiòt, senza il suo vino; ma aveva la consolazione di non correre più in soffitta ad ogni “piova” a mettere pignatte e catini e boccali e vasi da conserva “soto a le gioze”.
Ma, quando, a primavera, il nuovo Pinòt cominciò a risvegliarsi nelle botti, si riaprirono anche tante “gioze” nel tetto di Milio.
I muratori arrivarono con entusiasmo, ripararono “le gioze”, ci bevvero su. Dopo neanche quindici giorni si aprirono altre “gioze” in altre parti del tetto, e così via; e il buon Pinòt del Milio continuava a calare. Nello stesso tempo (Milio non sapeva spiegarne il motivo) andava a trovarlo un sacco di gente. Un via vai di persone che Milio appena conosceva e che portavano, talvolta, altra gente, assolutamente sconosciuta: ma, fatto sorprendente, questi e quelli ritornavano di lì a pochi giorni, portando altri “amici” ancora.
Milio era confuso, tanta gente in casa non ne aveva vista mai. A tutti, perché non si dicesse male della sua ospitalità, offriva il suo buon vino: e quelli, tutti a fargli i complimenti, a dargli pacche sulle spalle, a far chiacchiere fino a notte, a cantare con gli occhietti piccoli piccoli.
Il sindaco veniva a trovarlo almeno ogni quindici giorni, qualche volta tirandosi appresso l’intero Consiglio Comunale, il prete era lì una volta alla settimana, pareva dovesse benedire ogni mattone; veniva, di regola, accompagnato dal nonzòlo, che si dava un sacco di arie perché si diceva fosse figlio illegittimo di madre vedova.
La domenica, poi, arrivavano decine di parenti, di cui Milio nemmeno sospettava l’esistenza.
"Se passava per caso da ’ste parti e gavémo dito: parché no ’ndemo a trovar el Milio?"
Milio Quaiòt, detto Pinòt, ha il vino buono
E lui andava e veniva dalla cantina, generoso e buono come il suo Pinòt. Quando, però, questo finiva, finiva anche la processione delle visite e il tetto non aveva più giòze, cosicché, un po’ alla volta, Milio Quaiòt cominciò a pensare che la gente lo amasse solo per il suo vino, e che i muratori coprissero da una parte e scoprissero dall’altra il suo povero tetto per farsi l’abbonamento alle bevute.
Dopo l’ennesimo inverno passato in tristezza e solitudine (e con la cantina vuota) decise di maritarsi, per avere una compagnia sincera e duratura, un’alleata per sbattere fuori della porta i parassiti.
Fra le ragazze che conobbe, una gli piacque in particolare, che aveva il padre astemio: e se la sposò.
La porta della famiglia Quaiòt rimase chiusa a chiunque: e Milio poté unire ai nuovi i piaceri di un tempo, tra i quali il suo Pinòt.
Tutto andò felicemente finché una sera, rincasando, Milio trovò l’Amabile rossa come un pomodoro, che lasciava cadere ora una pentola, ora un piatto, ora la scopa, e oscillava ora dalla parte delle chiappe, ora dalla parte delle tette, e aveva la ridariola, e andava a sbattere di qua e di là.
La domenica, disperato, Milio Quaiòt andò in chiesa per chiedere al Padreterno qualche dozzina di grazie, compresa quella di far cessare la simpatia tra l’Amabile e il Pinòt.
Ma neppure in chiesa ebbe pace, perché, a un certo punto della predica, don Amedeo chiese ai fedeli l’omaggio di vino buono per la Messa; e, chiedendolo, guardò verso Milio, così che verso Milio guardarono tutti.
Allora Milio uscì, quasi fuggendo, proprio mentre suonavano le campane: e anche quelle, nonostante facessero (come fanno tutte le campane) “dìn-dòn dìn-dòn” parvero suonare alle sue orecchie "vìn-bòn, vìn-bòn!".