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Gli anni d'oro della radio

di Pino Chiaradia
1791 - 1864 GALVANI E LA RANA

Quando è nata la radio?
Per qualcuno la prima radio fu una rana, o meglio, furono le zampe di una sfortunata rana che Luigi Galvani, medico bolognese come dallo stesso descritto nel "De viribus electricitatis in motu musculari commentarius" (1791), collegò al parafulmini di casa ottenendo delle vivaci contrazioni ad ogni scarica temporalesca. Galvani allora attribuì tale fenomeno ad una sorta di elettricità animale residua nelle zampe della rana. Anche Alessandro Volta in quegli anni fece simili esperienze, dandone peraltro diversa spiegazione. Ci volle circa un secolo (1864) perché fosse elaborata dal britannico James Clerk Maxwell la Teoria del propagarsi degli effetti elettrici e magnetici nello spazio.
La teoria delle c.d. onde elettromagnetiche, che Maxwell asseriva avere la medesima natura delle onde luminose e di poter prevedere per via matematica, fu confermata sperimentalmente dopo una ventina d'anni dal tedesco Heinrich R. Hertz (onde hertziane) e, successivamente, in Italia da Augusto Righi, in Francia da Edouard Branly, in Inghilterra da Oliver J. Lodge, in Russia da Alexander S. Popov.
Le scariche temporalesche, quali generatrici di onde elettromagnetiche, erano state sostituite, negli esperimenti dei ricercatori, con le scintille prodotte da apparati diversi, come il rocchetto di Ruhmkorff o di induzione; mentre, come rivelatore di segnali, la rana di Galvani aveva lasciato il posto al coherer, strumento messo a punto da Temistocle Calzecchi Onesti, da Branly e da altri, e costituito da un tubetto di vetro con due elettrodi alle estremità, riempito di polveri metalliche. Il coherer diventava un buon conduttore di elettricità quando era attraversato da correnti ad alta frequenza ,quelle appunto indotte dalle onde elettromagnetiche.
Con tali strumenti si era riusciti a registrare l'emissione di onde fino alla distanza di una trentina di metri.
Nessuno di questi scienziati, tuttavia, aveva mai pensato di utilizzare le onde elettromagnetiche per la trasmissione di messaggi tra una località e l'altra.
Nessuno, fino a Marconi.

1895 -1901 MARCONI ED IL TELEGRAFO SENZA FILI

Nel 1895, nelle campagne circostanti la villa paterna di Pontecchio (BO), il giovanissimo autodidatta Guglielmo Marconi, dopo diversi esperimenti, collegando un rocchetto di Ruhmkorff ad una lastra di metallo disposta in alto (la prima antenna) ed ad un'altra sepolta nel terreno, riuscì ad inviare un segnale concordato (i tre punti della lettera "S" dell'alfabeto Morse) ad un apparato ricevente dotato di coherer, collegato a sua volta ad un'antenna ed una presa di terra, situato a qualche centinaio di metri, dietro una piccola collina.
Il leggendario colpo di fucile, che come da accordi tra Marconi ed il suo fattore, aveva confermato la ricezione del massaggio, segnava anche la nascita della moderna era delle telecomunicazioni.
Trasferitosi in Inghilterra con la madre irlandese (visto che il Ministero delle Poste italiano, cui aveva offerto la sua scoperta, non sembrava seriamente interessato, ed anche a causa dell'ostracismo della scienza ufficiale che male accettava l'irregolarità degli studi da lui compiuti privatamente) Marconi ottenne il brevetto nel 1896 (n° 12039 del 2.6.1896), ebbe i primi contatti con il mondo degli affari e dell'industria, e riuscì a fondare la prima delle sue numerose Compagnie per lo sfruttamento commerciale della telegrafia senza fili. Molto agguerriti erano sempre i detrattori e gli avversari di Marconi: soprattutto le Compagnie dei Cavi Sottomarini che avevano investito somme enormi nella posa dei cavi  sottomarini e che vedevano nella telegrafia senza fili un temibile concorrente.
Nel dicembre del 1901 Marconi tra la stazione di Poldhu in Cornovaglia e l'isola di Terranova riuscì a trasmettere il primo messaggio attraverso l'Atlantico (l'antenna ricevente a Signal Hill, di 130 metri, era sostenuta da un enorme aquilone).
Le stazioni Marconi, dapprima utilizzate quasi esclusivamente per segnalazioni navali, cominciarono, come avevano paventato le Compagnie, ad effettuare servizi di comunicazione a pagamento.
Le apparecchiature andavano sempre più perfezionandosi: le scariche, inizialmente generate col rocchetto, lo erano ora con altri apparati di potenza e dimensioni maggiori (a disco rotante, ad alternatore etc.), mentre il primitivo coherer era stato sostituito da altri sistemi di rivelazione (magnetici, elettrolitici, a cristalli). Il problema delle interferenze, cioè del sovrapporsi durante la ricezione di due o più messaggi irradiati contemporaneamente da stazioni diverse, fu affrontato dallo stesso Marconi che, nel 1900, brevettò la sintonia a circuiti accordati (brevetto 7777), un dispositivo atto a selezionare i segnali inviati nelle diverse lunghezze d'onda.
Negli anni successivi, varie e combattute Convenzioni internazionali cercarono di mettere ordine nelle radiotrasmissioni, riservando ad ogni stazione una diversa frequenza attraverso cui irradiare le proprie emissioni.
Sono di questi anni le prime installazioni di grandi stazioni radiotelegrafiche. La Telegrafia Senza Fili si rivela indispensabile strumento per la sicurezza della navigazione: ad esempio nel gennaio del 1909 la nave Baltic accorrendo ad un SOS radiotelegrafico della Republic, salvò dal naufragio 800 passeggeri e nell'aprile 1912 la nave Carpathia raccolse i superstiti del Titanic.

1904 - 1908 FLEMING, DE FOREST E L'AUDION

L'invenzione che diede decisivo impulso allo sviluppo delle radiocomunicazioni fu la valvola. Già nel 1904 un collaboratore della British Marconi, G.A.Fleming, aveva realizzato un ricevitore in cui il rivelatore era costituito da un diodo a vuoto, in pratica una lampadina nel cui bulbo era stata aggiunta una piastrina metallica detta anodo che, raccogliendo gli elettroni emessi dal filamento incandescente, rendeva ascoltabili in cuffia i segnali radiotelegrafici.
Gli apparecchi così costruiti avevano avuto poca diffusione a causa della loro scarsa sensibilità ma, quattro anni dopo, l'americano L. De Forest, inserendo nel diodo un terzo elemento detto griglia trovò il sistema di regolare il flusso degli elettroni dal filamento all'anodo; così questo nuovo componente, che De Forest battezzò audion (oppure triodo o valvola), permetteva di rivelare ed amplificare migliaia di volte i più deboli segnali.
Si aprivano allora, con i successivi perfezionamenti fino al transistor ed al chip, orizzonti infiniti allo sviluppo non solo delle telecomunicazioni ma di tutti i settori dell'elettronica.

1910-1914-1924 TRASMISSIONI CIRCOLARI - LA GRANDE GUERRA

Lo stesso De Forest aveva effettuato già dal 1910 negli U.S.A delle regolari emissioni per i primi appassionati ascoltatori; in Europa le prime trasmissioni circolari (cioè destinate a più punti di ascolto) iniziarono nel 1914, da Bruxelles e già si contavano numerosi appassionati ascoltatori.
Scoppiò il primo conflitto mondiale, i belligeranti ebbero modo di apprezzare il valore strategico delle radiocomunicazioni, gli apparati e le tecnologie registrarono notevoli perfezionamenti, ad opera soprattutto dell'industria bellica.
Il dopoguerra vide la ripresa della diffusione di programmi civili: 1920 Pittsburgh, 1921 Parigi Tour Eiffel, 1922 Londra, 1923 Berlino e, 6 ottobre 1924, Roma.

LA RADIO A GALENA

Ma chi ascoltava, allora, la radio nel nostro Paese?
Nei primi anni 20 i pochi radioascoltatori erano quasi esclusivamente dei dilettanti che si costruivano gli apparecchi per la ricezione. Questi congegni erano spesso delle radio a galena, dal nome del cristallo di piombo che serviva per la rivelazione dei segnali. Abbastanza economica e di facile allestimento, la radio a galena tuttavia permetteva la ricezione solo di stazioni locali e consentiva, data la mancanza di amplificazione del segnale, l'ascolto solo in cuffia e quindi ad uno solo o due ascoltatori alla volta.
Essendo, come detto, per lo più autocostruite, facilitavano l'evasione al tributo erariale sulle radiodiffusioni, all'epoca abbastanza elevato.
Le apparecchiature a valvole, con ascolto in altoparlante erano riservate agli appassionati più benestanti: i circuiti più sofisticati erano coperti da oltre 2000 brevetti, molti in mano americana. Il loro costo superava di cinque-sei volte il mensile di un funzionario pubblico; inoltre la messa in funzione dell'apparato richiedeva la regolazione paziente di un buon numero di manopole, reostati e commutatori.

L' URI,  l' EIAR e la  RAI

Gli altoparlanti (o altisonanti come spesso si diceva allora) assumono le fogge più disparate: trombe in legno ed in metallo a collo di cigno, a manica a vento o a fiore, membrane di carta pieghettata, coni di cartone celati spesso in mobiletti variamente decorati.
Verso la fine degli anni 20 l'industria fu in grado di proporre al pubblico radioricevitori alimentati dalla rete-luce domestica, e non più da costose serie di accumulatori e batterie, che richiedevano poche e semplici regolazioni il cui l'utilizzo era più semplice e il rendimento era migliore.
Dopo il 1930 anche l'altoparlante viene inserito nello stesso mobile dell'apparato ricevente che ora è assemblato su telaio metallico. I prezzi sono ancora piuttosto alti: un ricevitore di classe, come il Musagete della RadioMarelli (era costruito su licenza ed era la copia del 48C dell'American Bosch) costava nel 1931 oltre 2800 lire; altri apparecchi pur di minori pretese non scendevano sotto le 800/1000 lire, ed anche il pagamento rateale non era alla portata di molte famiglie.
Gli abbonati al primo concessionario italiano per le radiodiffusione circolare, l'U.R.I. (Unione Radiofonica Italiana, poi E.I.A.R. quindi R.A.I.) erano alla fine degli anni 20 meno di 100.000, diventando 500.000 nel 1935 e circa 1.000.000 nel 1940. Giornale ufficiale era il RADIORARIO divenuto poi il RADIOCORRIERE.
Le radio vengono vestite da mobili spesso di raffinato design e rifiniti da abili artigiani. Gli stili neogotico e déco fanno dimenticare l'aspetto di strumenti scientifici delle prime realizzazioni e diventano così veri complementi di arredamento.
Negli apparecchi più grandi spesso viene inserito un grammofono elettrico o addirittura un mobile-bar.
Non mancano le realizzazioni economiche e popolari: in Italia quelle volute dal regime, che aveva compreso le enormi possibilità di propaganda offerte dal mezzo radiofonico, si chiamano RADIORURALE (1934) RADIOBALILLA (1935) RADIO ROMA (1939) ed erano realizzate, su uguale modello, da varie case costruttrici.
In Germania viene prodotto, tra gli altri, il Deutscher Kleinempfänger ("Dke") costruito quasi interamente in bachelite e cartone, ma non per questo poco efficiente, tanto che venne fatto produrre (in quasi identiche dimensioni e circuito) anche dall'ungherese Horthy e, dopo la guerra, venne riproposto per alcuni anni in Paesi dell'EST, con l'unica variante della cancellazione della svastica originariamente impressa sul mobiletto.

IL MONDO IN CASA

La radio diventa sempre più strumento di svago oltre che mezzo di comunicazione di massa e di propaganda. Attorno alla radio ci si riunisce per ascoltare il concerto, l'opera, il radiodramma a puntate.
La radio salva il Generale Nobile ed i naufraghi dell'Italia al Polo Nord, mentre in America fa vivere in diretta la tragedia dell'Hindenburg o coinvolge migliaia di ascoltatori con la fiction di Orson Welles "La guerra dei mondi".
In casa si sogna con Rabagliati, col Trio Lescano, si danza con le orchestre di Angelini o Pippo Barzizza. Si esulta con Nicolò Carosio per le imprese di Meazza e compagni, mentre i bambini (ed adulti) interrompono ogni attività per seguire le avventure dei Quattro Moschettieri e del Feroce Saladino.
Sistemata sul balcone del Municipio o nella sala del Dopolavoro, la radio trasforma i luoghi di ritrovo ed anche gli uffici, le scuole, le caserme, in tante piccole Piazza Venezia, diffondendo a tutto volume i proclami del duce: la battaglia del Grano, le Inique Sanzioni, la proclamazione dell'Impero, la Dichiarazione di Guerra. E poi i saluti dal fronte, le parole dei Pio XII alle nazioni combattenti...
In casa, a volume abbassato, quasi in intimità con l'altoparlante, la manopola gira lentamente per captare le stazioni proibite: Radio Londra e poi Radio Bari, Napoli, Mosca...
La guerra è finita!
La guerra continua.
L'invasione, la Liberazione, il Referendum, l'assemblea Costituente.
L'E.I.A.R. diventa R.A.I.; Bartali e Carapezzi dal Tour de France salvano l'Italia; Silvio Gigli inventa il quiz mentre Nilla Pizzi da Sanremo ringrazia per i fior...
Poi la Televisione, e la radio sembra per alcuni anni passare in secondo piano nell'interesse degli ascoltatori, particolarmente nel settore intrattenimento, restando comunque seguita per i programmi culturali e di informazione.
Dagli anni 70 con il fenomeno delle radio libere, che tra l'altro introducono nuove tecniche di gestione dei programmi con ritmi più dinamici ed ispirati a modelli d'oltre oceano, e la messa a punto di nuove tecnologie, rivive una nuova epoca d'oro di questo straordinario mezzo che continua ad accompagnare con la sua voce le nostre giornate e lo farà per molto tempo ancora.
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